Sintesi della Conferenza sul Diritto e le Politiche Spaziali (19 - 20 Novembre 2025)

 

Le navicelle spaziali statunitensi e russe sono raffigurate attraccate alla Stazione Spaziale Internazionale mentre orbitava a 267 miglia sopra l’Oceano Indiano, a sud della nazione insulare del Madagascar. (16 maggio 2022) NASA@flickr.com

Ho avuto l’opportunità di partecipare alla Conferenza sul Diritto e le Politiche Spaziali organizzata a Vienna dall’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari dello Spazio Extra-atmosferico (UNOOSA), un foro multilaterale essenziale per analizzare le sfide, in rapida evoluzione, della governance dello spazio (1). Da tutte le sessioni è emersa una comunità di professionisti, decisori politici, ingegneri e studiosi di diritto che, pur confrontandosi con questioni sempre più complesse, restano profondamente impegnati a garantire che lo spazio extra-atmosferico continui a essere un dominio sicuro, protetto e accessibile per tutti gli Stati. L’espansione e la diversificazione importante delle attività spaziali globali, unite alla crescente congestione orbitale, hanno reso urgente il passaggio da politiche aspirazionali a pratiche operative. La Conferenza delle Nazioni Unite sul Diritto e le Politiche Spaziali 2025, dedicata al tema “Operationalising Space Sustainability: Legal and Regulatory Approaches Across the Lifecycle of Space Debris”, ha cercato di comprendere come gli Stati possano tradurre in norme nazionali efficaci e procedure applicabili le linee guida internazionali già approvate—come le linee guida sulla mitigazione dei detriti spaziali e sulla sostenibilità a lungo termine (LTS)(2). La conferenza ha inoltre esaminato l’attuale applicabilità dell’Accordo sul Soccorso e il Ritorno (ARRA), concentrandosi sugli obblighi concreti che sorgono quando detriti o altri oggetti spaziali cadono sulla Terra e su come gli Stati possano dare attuazione pratica alle sue disposizioni. Il primo tema ha riguardato la traduzione della sostenibilità spaziale nei quadri regolatori nazionali. Il panel ha affrontato il persistente divario tra la vasta adesione alle linee guida sulla sostenibilità adottate da COPUOS e la loro applicazione disomogenea a livello statale (3). Gli strumenti di COPUOS restano fondamentali, ma senza un’implementazione fedele e armonizzata l’ambiente orbitale continuerà a deteriorarsi e il rischio di interferenze dannose aumenterà. Approcci nazionali divergenti creano incertezza, aprono a lacune regolatorie e gravano in modo sproporzionato sugli Stati emergenti e sugli attori più piccoli, che non dispongono delle risorse necessarie per orientarsi in un mosaico di regole disomogenee. I relatori hanno espresso ampio consenso: pur restando un riferimento internazionale cruciale, le linee guida devono evolvere in regolamenti vincolanti e basati sulle prestazioni, se si vuole salvaguardare la sostenibilità a lungo termine dell’ambiente orbitale. Il panel ha fatto appello per l’introduzione di requisiti operativi rigorosi e armonizzati, tra cui: regolamenti vincolanti basati sulle prestazioni; obblighi stringenti di smaltimento a fine vita; standard di manovrabilità e tracciabilità; procedure trasparenti e rapide di notifica delle congiunzioni; percorsi regolatori più chiari per le attività di rimozione attiva dei detriti (ADR) e di servizi in orbita (OOS). Tali elementi costituiscono le fondamenta giuridiche e tecniche di un ecosistema orbitale equo e sostenibile. Le misure di sostenibilità, tuttavia, devono essere concepite evitando la creazione di barriere economiche proibitive che escludano gli Stati in via di sviluppo, gli operatori scientifici e i nuovi attori commerciali. Le proposte relative alla condivisione dei dati di Space Situational Awareness (SSA), alle iniziative multinazionali di monitoraggio e al rafforzamento della capacity-building rispecchiano il nostro convincimento che lo spazio sia un bene comune globale il cui utilizzo deve restare accessibile all’intera umanità. Il secondo tema ha riguardato la registrazione come fondamento della responsabilità giuridica. Il panel ha affrontato il nucleo strutturale della governance spaziale: la registrazione non è una formalità procedurale, ma l’ancora giuridica che collega un oggetto spaziale alla responsabilità, alla giurisdizione e alla trasparenza (4). I risultati di uno studio comparato su circa cinquanta Paesi hanno rivelato ampie divergenze nelle definizioni legali—come “oggetto spaziale” e “Stato di lancio”—nonché persistenti fraintendimenti, inclusa l’erronea convinzione, in alcuni Stati, che gli oggetti militari non possano essere registrati; inoltre, sono stati evidenziati deboli meccanismi di coordinamento inter-agenzia e una limitata consapevolezza degli obblighi di notifica verso le Nazioni Unite. Il nuovo Registration Toolkit mira a correggere tali incoerenze offrendo linee guida operative, casi di studio e un modello di presentazione allineato agli standard ONU, così da supportare l’istituzione, la gestione e la modernizzazione dei registri nazionali. L’attenzione del Toolkit alla digitalizzazione è particolarmente apprezzabile, poiché favorirà la trasparenza e l’interoperabilità tra giurisdizioni. L’annuncio di un più ampio Space Law Toolkit, dedicato all’intero spettro della legislazione spaziale nazionale, rappresenta un passo significativo verso un livellamento del campo regolatorio. Un accesso equo alla conoscenza giuridica e agli strumenti di governance è indispensabile per un settore spaziale globale equo e inclusivo. Il terzo tema ha spostato l’attenzione dal diritto alla cultura operativa, affrontando il modo in cui la sostenibilità debba diventare un elemento abituale della pratica quotidiana. Leggi e linee guida, da sole, non possono garantire la sicurezza dell’ambiente orbitale; la sostenibilità deve essere incorporata nella cultura ingegneristica, nella progettazione delle missioni, nelle procedure operative e nelle scelte commerciali. Sono stati identificati vari ostacoli urgenti: l’accesso insufficiente a dati SSA di alta qualità; la scarsa interoperabilità tra operatori; l’assenza di regole universalmente accettate per la condotta orbitale; e l’incertezza normativa generata da nuove iniziative legislative, come il futuro Space Act dell’Unione Europea. A mio avviso, la coordinazione—più che la tecnologia—costituisce l’infrastruttura mancante del volo spaziale contemporaneo. Anche i più avanzati sistemi di evitamento delle collisioni basati su intelligenza artificiale non possono avere successo senza standard condivisi, scambi di dati trasparenti e fiducia reciproca tra operatori. Il panel ha sottolineato il crescente ruolo del settore assicurativo, che riconosce come la sostenibilità sia direttamente collegata al rischio. Rimodulando i premi per premiare gli operatori responsabili e penalizzare i comportamenti pericolosi, le compagnie assicurative stanno creando, di fatto, una struttura di incentivi di mercato che allinea la razionalità economica con la sostenibilità. Si tratta di un cambiamento culturale significativo: il comportamento responsabile non è più opzionale, ma diventa economicamente vantaggioso. La sessione ha mostrato che la sostenibilità è contemporaneamente una sfida tecnica, una questione giuridica e una trasformazione culturale. Il raggiungimento di riforme significative richiederà trasparenza, convergenza regolatoria e cooperazione intersettoriale. Per quanto riguarda i diritti di proprietà intellettuale, la questione più stimolante dal punto di vista giuridico, WIPO—che, come agenzia specializzata ONU con sede a Ginevra, si colloca al crocevia tra innovazione, diritto e governance tecnologica globale—riveste un ruolo centrale. Il suo coinvolgimento nelle attività spaziali, avviato nel 1997, ha acquisito crescente importanza con l’espansione straordinaria del settore. I depositi brevettuali relativi alle tecnologie spaziali sono aumentati sensibilmente, con un incremento di sei volte delle famiglie brevettuali nel trasporto spaziale tra il 2011 e il 2023 e un’espansione complessiva superiore a cinquecento volte. I brevetti—diritti esclusivi territoriali concessi per soluzioni tecniche nuove e inventive—sostengono oggi gli investimenti, il trasferimento tecnologico e le partnership commerciali nello spazio. Tuttavia, il principio di territorialità, che àncora la protezione brevettuale a determinate giurisdizioni, si scontra con le peculiarità dell’ambiente transnazionale dello spazio extra-atmosferico. La giurisdizione si stabilisce tipicamente tramite lo Stato di registrazione ai sensi della Convenzione sulla Registrazione, producendo un mosaico complesso di leggi nazionali, accordi bilaterali e strumenti specifici di missione. L’Accordo Intergovernativo sulla ISS, in particolare il suo articolo 21 sul regime di “quasi-territorialità”, rappresenta un esempio emblematico della gestione pratica di tali lacune (5). Iniziative normative emergenti, come gli Artemis Accords o eventuali strumenti regionali quali un futuro Space Act dell’UE, indicano una tendenza verso forme più strutturate di coordinamento. Tuttavia, nuove realtà tecnologiche complicano ulteriormente la dottrina brevettuale tradizionale: le invenzioni assistite da IA mettono in discussione le definizioni esistenti di inventore; i regimi di controllo delle esportazioni faticano a definire la nozione di “tecnologia” in un contesto in cui l’innovazione diventa sempre più intangibile; i settori abilitati alla microgravità—dalla biomedicina ai materiali avanzati—sollevano interrogativi su come bilanciare la protezione brevettuale con il principio del beneficio dell’umanità che permea il diritto spaziale. Strumenti giuridici esistono già per gestire parte di tali tensioni—come l’articolo 5ter della Convenzione di Parigi (uso temporaneo di invenzioni brevettate a bordo di veicoli spaziali stranieri) e l’art. 20135 del Titolo 51 U.S.C., che considera gli oggetti lanciati nello spazio come “veicoli” ai fini della giurisdizione brevettuale statunitense—ma tali disposizioni mostrano anche i limiti dei quadri IP terrestri quando applicati oltre la Terra. In futuro, lo sviluppo di quadri giuridici più completi, il rafforzamento della cooperazione WIPO-UNOOSA e la progressiva emersione di una giurisprudenza spaziale saranno essenziali per conciliare la territorialità dei diritti di proprietà intellettuale con l’architettura giurisdizionale unica dello spazio extra-atmosferico. Il quarto tema ha riguardato l’ARRA come strumento operativo. La discussione più incentrata sulla dimensione umana è emersa proprio dal panel dedicato all’Accordo sul Soccorso e il Ritorno. Originariamente redatto negli anni ’60 pensando ad astronauti e capsule con equipaggio, l’ARRA si applica oggi ai sempre più frequenti eventi di rientro di detriti, che coinvolgono direttamente comunità sulla Terra. Tali episodi non sono più rari: detriti sono caduti in Kenya, Brasile, India, Sudafrica, Ghana e altri Stati, spesso in aree rurali prive di qualunque legame con le attività spaziali e che tuttavia ne subiscono i rischi. Il Brasile ha ricordato un recente incidente che ha richiesto un rapido coordinamento inter-agenzia e ha portato all’integrazione delle procedure ARRA nella legislazione spaziale nazionale. La Germania e l’ESA hanno descritto casi storici, tra cui la capsula EXPRESS (1995) e il serbatoio dello stadio superiore del Vega (2016), evidenziando l’importanza di canali di comunicazione tempestivi e della cooperazione tecnico-diplomatica. Il Kenya, dopo un evento nel 2023, ha messo in luce carenze nelle capacità SSA, nei protocolli informativi al pubblico e nelle procedure di rientro, accelerando lo sviluppo della politica spaziale nazionale del 2025. Il Sudafrica ha citato vari episodi, tra cui componenti di un razzo Delta II, riconoscendo che, sebbene la sua Space Affairs Act incorpori gli obblighi dell’ARRA, il quadro necessita di aggiornamenti per chiarire i meccanismi di compensazione e integrare misure di sostenibilità. Gli esperti hanno sottolineato che, sebbene l’ARRA non contenga una definizione formale di “detriti spaziali”, esso si è comunque evoluto in un trattato di rilevanza pratica e operativa, applicato con frequenza crescente negli scenari contemporanei. Uno dei relatori ha evidenziato che i suoi obiettivi originari — proteggere le persone in situazione di pericolo e salvaguardare l’integrità tecnologica degli oggetti spaziali — restano pienamente pertinenti nell’attuale contesto di attività intensificate e rischi crescenti. La delegazione russa ha osservato che la persistente assenza di una definizione universalmente accettata di detriti spaziali genera un certo grado di incertezza giuridica, ma riflette al tempo stesso la natura intrinsecamente complessa e in rapida evoluzione delle moderne operazioni spaziali. Il panel ha chiarito che le conseguenze della governance spaziale si manifestano concretamente sulla Terra. Preparazione, accesso ai dati SSA, procedure nazionali chiare e comunicazione efficace con il pubblico sono indispensabili per garantire sicurezza e prevenire disinformazione. L’ARRA, pur con i suoi limiti, funziona oggi come una rete globale di sicurezza—e con l’aumento dei rientri la sua rilevanza non potrà che crescere.

Nelle riflessioni finali, la conferenza ha mostrato che la governance dello spazio si trova in un momento decisivo. La sostenibilità non è più un obiettivo marginale, ma il principio organizzatore delle operazioni sicure. La diplomazia resta la spina dorsale della governance globale. L’ARRA ha assunto un ruolo operativo inatteso. La cooperazione intersettoriale è indispensabile. Ma soprattutto, le discussioni hanno messo in discussione un’idea pericolosa: che gli attori privati svolgano attività nello spazio extra-atmosferico come se operassero in un contesto terrestre, esenti da conseguenze giuridiche e isolati dalla responsabilità internazionale che grava sui rispettivi Stati. L’articolo VII del Trattato sullo Spazio Extra-atmosferico è chiaro: gli Stati sono internazionalmente responsabili per le attività spaziali nazionali, siano esse svolte da enti governativi o non governativi (6). È dunque insostenibile immaginare che società private possano esercitare poteri tecnologici superiori a quelli degli Stati, agire in assenza di gravità senza alcun vincolo giuridico o imporre rischi alle comunità senza assumerne la responsabilità. Conferenze come questa contribuiscono a ristabilire l’equilibrio tra innovazione privata e responsabilità pubblica.

Alcuni partecipanti hanno espresso opinioni diffuse in parte dell’industria, secondo cui l’OST sarebbe un “trattato zombie”, che il multilateralismo ostacolerebbe il progresso o che il commercio dovrebbe prevalere sulla governance. Tali prospettive dimostrano perché il ruolo dell’UNOOSA, del WIPO, del COPUOS e dell’intero sistema multilaterale rimanga indispensabile. Lo spazio, “l’ultima frontiera”, è un’impresa condivisa dall’umanità. La sua governance deve riflettere responsabilità, solidarietà, giustizia intergenerazionale e un impegno permanente per lo stato di diritto.

BIBLIOGRAFIA
1)  United Nations General Assembly, Report of the Committee on the Peaceful Uses of Outer Space (A/78/20, 2023) para 12

2) UN Committee on the Peaceful Uses of Outer Space, Guidelines for the Long-Term Sustainability of Outer Space Activities (A/AC.105/2018/CRP.20).

3)  Stephan Hobe, Cologne Commentary on Space Law: Volume 1 – Outer Space Treaty (2nd edn, Carl Heymanns 2022) 315–323.

4)  Convention on Registration of Objects Launched into Outer Space (opened for signature 14 January 1975, entered into force 15 September 1976) 1023 UNTS 15.

5) Intergovernmental Agreement on the International Space Station (signed 29 January 1998) art 21.

6) Treaty on Principles Governing the Activities of States in the Exploration and Use of Outer Space, including the Moon and Other Celestial Bodies (opened for signature 27 January 1967, entered into force 10 October 1967) 610 UNTS 205, arts VI–VII.