Chi ha paura del dragone?

 
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Poco prima dell’inizio della primavera, i rappresentanti ai vertici della diplomazia degli Stati Uniti e della Cina si sono riuniti ad Anchorage (Alaska) per il primo incontro tra le due potenze sotto la nuova amministrazione Biden (1) succeduta alla precedente amministrazione Trump. È stato un incontro decisamente importante per capire gli attuali rapporti di forza mondiali. All’inizio dell’incontro il Segretario di Stato Antony Blinken ha esordito dicendo:

“[..] Noi vorremmo inoltre esporre le nostre profonde preoccupazioni riguardo le azioni della Cina nello Xinjiang, Hong Kong, Taiwan, gli attacchi hacker contro gli Stati Uniti e la coercizione economica nei confronti dei nostri alleati. Ciascuna di queste azioni minaccia la stabilità mondiale garantita dall’ordine internazionale basato su regole condivise. Tali azioni non possono configurarsi come meri affari interni e noi sentiamo l’obbligo di sollevare queste questioni oggi in questo incontro.”

Il Consigliere del Presidente per gli Affari di Sicurezza Nazionale, Jack Sullivan, aggiunge subito dopo:

“Il Segretario Blinken ha esposto ampiamente le questioni che riteniamo preoccupanti, che vanno dalla coercizione economica e militare, all’assalto dei diritti fondamentali e ne discuteremo oggi e nei giorni avvenire. Lo faremo francamente, con chiarezza. Queste sono le preoccupazioni che ha il popolo americano, non solo, abbiamo sentito ognuna di queste preoccupazioni sollevate da tutto il mondo, dai nostri alleati alla più ampia comunità internazionale durante le intense consultazioni che abbiamo intrapreso negli ultimi due mesi. Oggi chiariremo che la nostra priorità assoluta è garantire che il nostro approccio nel mondo e con la Cina avvantaggi il popolo americano e protegga gli interessi dei nostri alleati. Non cerchiamo conflitto ma accogliamo con favore una forte concorrenza difendendo sempre i nostri principi, il nostro popolo e i nostri amici.

Yang Jiechi, Direttore dell'Ufficio della Commissione Centrale degli Affari Esteri, risponde alle affermazioni di rito (2), dicendo:

“Sugli attacchi hacker, mi permetta di dire, gli Stati Uniti sono dei fuoriclasse per quanto riguarda le abilità di lanciare un attacco alle reti informatiche o sulle capacità di poterle dispiegare. Non potete incolpare altri stati. Gli Stati Uniti non rappresentano l'opinione pubblica internazionale, e nemmeno il mondo occidentale. Sia sotto l’ottica della popolazione o delle tendenze nel mondo, il mondo occidentale non rappresenta l'opinione pubblica globale. Quindi ogni qualvolta si parla di valori universali o di opinione pubblica internazionale, riteniamo che la controparte americana si senta solo rassicurata nel dire certe cose perché gli Stati Uniti non rappresentano il mondo. Voi rappresentate solo il governo degli Stati Uniti. Non credo che la stragrande maggioranza dei paesi del mondo riconoscerebbe i valori universali sostenuti dagli Stati Uniti o l'opinione degli Stati Uniti come opinione pubblica internazionale, e credo sempre che quegli stessi paesi non riconoscerebbero le regole stabilite da un piccolo gruppo di persone a servire come fondamento dell'ordine internazionale.”

Blinken riprende la parola affermando: “Ho parlato con quasi un centinaio di colleghi da tutto il mondo e ho appena fatto il mio primo viaggio in Giappone e Corea del Sud. Devo dirVelo, quello che sento è molto diverso da quello che Lei ha appena descritto. Sento profonda soddisfazione per il ritorno degli Stati Uniti, per il nostro nuovo impegno con i nostri alleati. E sento anche profonda preoccupazione per alcune delle azioni intraprese dal Vostro governo e avremo l'opportunità di discuterne quando ci metteremo al lavoro.”

Yang Jiechi risponde, molto contrariato: Ebbene, penso che abbiamo pensato fin troppo bene degli Stati Uniti. Pensavamo che gli Stati Uniti avrebbero seguito i necessari protocolli diplomatici. Gli Stati Uniti non hanno alcuna qualifica per rivolgersi alla Cina da una posizione di forza. Se gli Stati Uniti vogliono trattare adeguatamente con la controparte cinese, allora che seguano i protocolli necessari e che lo facciano nel modo giusto. [..] La cooperazione avvantaggia entrambe le parti. In particolare, questa è l'aspettativa delle persone del mondo. Ebbene, il popolo americano è certamente un grande popolo, ma lo sono anche i cinesi.”

Questo incontro rappresenta uno scontro fra titani perché parliamo di due potenze economiche continentali in lotta per la posizione centrale nello scacchiere globale. Dopo il processo di decolonizzazione che ha segnato il tramonto delle ambizioni imperialiste occidentali-europee, la Cina rappresenta oggi il primo paese vittima di quei passati soprusi a passare da reietto a concorrente, persino una minaccia, segnando la fine (3) di 500 anni di predominio occidentale sul versante sia politico che economico. La veemenza della diplomazia cinese ha lasciato educatamente sorpresi i colleghi americani che hanno tacciato la risposta cinese come vanagloriosa, e lo è stata. È chiaro che i diplomatici cinesi abbiano approfittato delle accuse dei loro colleghi americani per riaffermare nel modo più deciso le loro posizioni e questo ha avuto un enorme riscontro positivo in Cina.

La pandemia sta accelerando la nascita di un mondo nuovo, e quindi una ridefinizione dei rapporti forza. Per gran parte del secolo scorso, la cooperazione internazionale è stata fondata su una sistematica organizzazione della violenza da parte delle forze imperialiste occidentali, e quando l’imperialismo è eclissato, gli Stati Uniti hanno ereditato la posizione del moribondo Impero Britannico, fabbricando l’idea di “occidente” dove accomodare stati vassalli del vecchio continente, ridefinito gli assetti economici e finanziari con delle istituzioni internazionali che favorissero lo scambio, lanciando così un modo a trazione americana. Un sistema di regole nella quale la Cina è stata accolta (4) pensando che potesse sostenerle e non (5) capovolgerle. E invece proprio questo dubbio si è insinuato tra i politici e l’intelligentsia americana. Per questo motivo abbiamo assistito l’attenzione degli americani spostarsi dal Medio Oriente verso l’Asia con l’amministrazione Obama, cosa che non accadeva dall’11 Settembre 2001. E non c’è da meravigliarsi che gli americani siano ansiosi. Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese e Capo del Partito Comunista Cinese Xi Jinping ha confermato i timori dell’Occidente (6) al Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese del 2017 affermando: "Il modello di crescita cinese sotto la guida del Partito Comunista sta prosperando e ha dato una nuova scelta ad altri paesi in via di sviluppo.” aggiungendo: “È tempo per noi di essere al centro della scena mondiale così da poter rendere un contributo più grande all'umanità". Il Presidente Xi ha continuato il suo discorso dicendo che la Cina non mira al dominio globale, ma ha avvertito che “non bisogna aspettarsi che la Cina ingoi tutto ciò che mina i suoi interessi. " accennando al fatto che l'ascesa della Cina mira alla creazione di un ordine mondiale con "caratteristiche cinesi". Non c’è da stupirsi che gli americani siano corsi in fretta e furia dall’altra parte del Pacifico nel tentativo di contenere - o almeno limitare - la Cina. Gli Stati Uniti hanno rafforzato le alleanze con l'Australia, Giappone, Corea del Sud e Filippine, hanno formato una coalizione di paesi vicini alla Cina, e iniziato una maggiore cooperazione nel campo della difesa con India, Australia e Giappone. Gli Stati Uniti guardano anche a Taiwan, uno stato indipendente a sovranità limitata, con la quale hanno una robusta e non-ufficiale relazione diplomatica.

Oggi molti paesi nel resto mondo stanno crescendo in termini di benessere e attività economica e questo mette seriamente in crisi l’ordine attuale, mettendo in evidenza l’aspetto più debole di questo sistema: la maggior parte dell’umanità non vive in occidente, e le risorse del pianeta sono finite. Mantenere un consumo così smodato e onnivoro che non rispetta le capacità naturali della biosfera di riprodurre le risorse di cui necessitiamo, è il vero dilemma del nostro secolo. Un sistema che privilegia soltanto paesi ricchi di risorse e mezzi e che lascia il resto del mondo patire le conseguenze del benessere di pochi, non è ideale. Creare un sistema capace di soddisfare adeguatamente il fabbisogno delle moltitudini sul pianeta, è auspicabile, ma non sostenibile. Bisognerà sviluppare le tecnologie per sfruttare meglio l’energia prodotta, e una nuova collaborazione mondiale che meglio la distribuisca, e questo necessita diplomazia, dialogo, compromessi e cooperazione. Lo scontro tra Stati Uniti e Cina mette in evidenza proprio questo problema che nessuno dei due paesi è in grado di risolvere da solo, anzi, il conflitto è a somma zero: non porta beneficio a nessuno. Piuttosto, vi è una codipendenza tra i due stati. Gli Stati Uniti sono giunti tuttavia all’incontro con una credibilità decisamente indebolita.

Non solo perché il paese sta attraversando una sua versione di rivoluzione culturale che vede due fazioni culturali e politiche scontrarsi in maniera dogmatica senza alcun dialogo. Negli Stati Uniti una metà del paese non parla con l’altra, le persone si scontrano per le strade, nelle scuole, tra gli Stati, nei giornali, negli uffici, nei parlamenti, e ci si chiede cosa significhi essere Americano nel Ventunesimo secolo. A ciò si aggiunge la gestione disastrosa della pandemia da Coronavirus che ha deliberatamente compromesso il fondamentale diritto alla salute dei cittadini americani e posizioni anti-scientifiche di molti politici e dell’elettorato. Per giustificare scelte suicide, l’amministrazione Trump e molti governi statali americani hanno adottato una retorica anti-cinese razzista e irresponsabile che ha incrementato gli attacchi d’odio contro i cittadini americani di origine asiatica. Come possono gli Stati Uniti porsi come un paese amico dei paesi dell’Asia quando i cittadini americani di origine asiatica e gli asiatici presenti nel territorio statunitense vengono sistematicamente (7) molestati e persino (8)uccisi?Soprattutto con l’enorme silenzio che hanno serbato per più di un secolo segnato da leggi disegnate per escluderli e campi di concentramento usati per confinarli? La posizione anti-scientifica e l’attacco strumentale contro la Cina ha finito per danneggiare le persone comuni facendo leva sui pregiudizi razzisti e lo spettro di Marx e Lenin, acerrimi nemici del capitalismo trionfante.

Dopo il 1989, con il crollo del muro di Berlino e la successiva disgregazione dell’Unione Sovietica, gli Stati Uniti sono stati egemoni attraverso la forza militare e la presenza delle loro aziende nel mondo. Nessuno dei governanti americani allora si immaginava che da lì a tre decadi, non lontano dove riposano i resti dell’Unione Sovietica, si sarebbe affacciato forte un paese guidato da un partito comunista. E forse è proprio questo il problema degli americani: la suggestione sovietica. Per un secolo, le élite dominanti negli Stati Uniti hanno condotto una intensa campagna anti-comunista a tal punto da trasformarla in una sorta di ortodossia religiosa piuttosto che (8) una analisi politica. Durante la guerra fredda, questa piattaforma ideologica anti-communista era in grado di trasformare qualsiasi dato di qualsivoglia raduno comunista in un fatto e per ciò stesso una minaccia. Se i Sovietici rifiutavano di negoziare un punto su una trattativa, erano intransigenti e belligeranti. Se si mostravano disponibili a fare concessioni, era certamente un abile piano per coglierci di sorpresa. Se si opponevano alla limitazione delle armi stavano certamente mostrando i loro aggressivi intenti, quando in realtà hanno supportato molti trattati sugli armamenti. Se le chiese erano vuote era una chiara dimostrazione che la religione era soppressa, al contrario, se erano piene, questo significava che le persone stavano rigettando l’ideologia atea del cosiddetto regime. E se i lavoratori scioperavano (come è accaduto in poche occasioni) era segno della loro insofferenza nei confronti del sistema collettivista, e invece se non scioperavano è perché venivano intimidati e non avevano alcuna libertà. Questa narrativa molto semplicista ovviamente ha contribuito a quell’eccesso di fiducia nella propria potenza che ha portato a molto materiale autocelebrativo come il libro di Francis Fukuyama “La fine della Storia e l’ultimo uomo” che vede la storia dell’umanità finire inevitabilmente nelle democrazie occidentali, viste come unico modello cui tutti, inevitabilmente, convergeranno come ultimo stadio del loro sviluppo. Le élite americane non brillano certamente in apertura e studio, come un autore che per ben due decadi ha scritto due libri (9) e articoli sostenendo l'imminente crollo della Cina. D'altronde è facile chiamare alleati paesi ai quali hai scritto la costituzione come nel caso del Giappone. La Cina è ben diversa dall’Unione Sovietica, per storia e cultura. Questo non dovrebbe però farci ritenere che le elité governativa cinese sia migliore. Il sistema di governo cinese è certamente originale ma non privo di difetti. E questo lo dimostra nei suoi affari interni.

Lo Xinjiang è una regione vastissima (grande tre volte la Francia) che rappresenta un sesto di tutto il territorio cinese. Il nome significa “Nuova Frontiera” perché è stata annessa all’Impero Cinese nella seconda metà del Settecento dopo una sanguinosa battaglia che ha visto un milione di Zungari soccombere sotto le offensive della dinastia Qing. Una volta annesso il territorio, il governo imperiale cinese ha usato la regione come una zona di frontiera strategica controllata attraverso la presenza di circa 15.000-10.000 soldati sul campo. Nonostante diverse ribellioni senza successo, la regione viene riconosciuta ufficialmente come provincia dell’Impero Cinese nel 1884. Nel 1933 a seguito della caduta dell’Impero Cinese, e del periodo di instabilità politica che ne seguì, la provincia proclamò l’indipendenza nel 1933 e la nascita della Repubblica Islamica del Turkestan Orientale.

Sabit Damulla Abdulbaki (10), uno dei principali uomini politici fautori della nascita del nuovo Stato, ebbe a dire parole che ancora oggi sono fondamentali per capire parte del volksgeist tra gli Uiguri.

“[..]Il popolo giallo Han non ha la benché minima cosa da fare con il Turkestan orientale. Anche i dungani neri (cinesi mussulmani) non hanno questo tipo di attaccamento. Il Turkestan orientale appartiene al suo popolo. Non occorre che gli stranieri vengano come nostri padri e madri [..] da ora in poi non abbiamo bisogno di usare la lingua straniera o i loro nomi, i loro costumi, le abitudini, gli atteggiamenti, le lingue scritte e così via. Dobbiamo anche rovesciare ed espellere gli stranieri dai nostri confini per sempre. I colori giallo e nero sono sporchi ... hanno sporcato la nostra terra per troppo tempo. Quindi ora è assolutamente necessario ripulire questo sudiciume. Abbattiamo i barbari gialli e neri! Lunga vita al Turkestan orientale!”

Nonostante i toni infiammatori e una fiera resistenza, lo Stato ebbe vita breve non appena l’Esercito Popolare di Liberazione entrò nella regione nel 1949.

Questa regione è vasta ma scarsamente popolata e i cinesi, per meglio favorire l’assimilazione, hanno sempre spinto al trasferimento di molti cinesi di etnia Han nella regione ed è qui che si fonda la discordia. La ragione conta una popolazione umana di circa 22 milioni di individui che appartengono alle seguenti popolazioni: Uiguri, Han, Kazaki, Hui, Kirghisi e Mongoli. I cinesi di etnia Han (l’8% della popolazione) sono principalmente nella città di Urumqi o nelle regioni dove viene estratto il petrolio, grande ricchezza della regione che ammonta al 60% dell’intera economia.

Considerando la storia tormentata della regione, è chiaro che vi sia una spinta indipendentista in alcuni strati della popolazione e che la convivenza tra individui di così diversa matrice culturale rappresenti ancora oggi una sfida per il governo cinese. Il 5 Luglio del 2010 una serie di disordini si sono succeduti ad Urumqi quando migliaia di Uiguri si sono riversate nelle strade della città per protestare contro l’uccisione di due Uiguri nella provincia del Guangdong il 25 Giugno dello stesso anno per mano di lavoratori di etnia Han. Le dinamiche non sono chiare ma sembra che i dimostranti siano stati attaccati dalla polizia, cosa che ha ulteriormente incendiato gli animi conducendo così la rabbia della folla a trovare sfogo in un attacco contro i cinesi di etnia Han. Il bilancio di questa rivolta conta 197 morti e almeno 1.700 feriti, molti dei quali di etnia Han. E molti di etnia Han, il giorno seguente i disordini, hanno invaso le zone dove risiedevano gli Uiguri in cerca di vendetta. Ci è voluto l’intervento di 10.000 soldati per riportare l’ordine, e il clima è rimasto successivamente molto teso per molti mesi. L’allora Presidente Hu Jintao è rientrato rapidamente a Pechino dopo aver lasciato in fretta e furia il G8 tenutosi a Roma. Simile dinamica avvenne in Tibet il 10 Marzo 2008, il giorno dell’anniversario di una fallita rivolta popolare nel 1959. In questa occasione, i tibetani dimostranti si sono scagliati contro i negozi gestiti dagli Han e altre attività nel quartiere di Lhasa. Molte attività furono date alle fiamme e le proteste sono continuate per cinque giorni con un bilancio di 100 morti da parte le fazioni. (11) È chiaro che c’è un diffuso malcontento e grande esasperazione. Innanzitutto, da parte dei cinesi Han, vi è la diffusa convinzione di considerare i tibetani come retrogradi e primitivi che devono solo ringraziare per il fatto che i cinesi stiano cercando di portare loro civiltà e sviluppo. Questo inevitabilmente sfocia in comportamenti apertamente razzisti e atti discriminatori. Il segretario del partito comunista della Regione Autonoma del Tibet ebbe a dire: “Il Partito Comunista è come un genitore per il popolo Tibetano sempre preoccupato di quello che il bambino ha bisogno [..] il Comitato Centrale del Partito è il vero Buddha per i Tibetani”. Uiguri condividono lo stesso stigma sociale con i Tibetani, e come loro non hanno avuto vita facile visto che la maggior parte di loro risiede nel meridione dello Xinjiang, più povero e meno sviluppato, e si sentono esclusi nella loro stessa terra e dai benefici che la stessa invece sembra portare ai cinesi Han. Queste popolazioni si sentono escluse, le loro ricchezze naturali sfruttate e sentono la loro dignità calpestata. È evidente che le politiche del Partito Comunista Cinese abbiano fallito e che vi è acredine tra i tre gruppi etnici che lascia a volte emergere una forte tensione sociale. È chiaro che lo sviluppo dei territori abbia portato benefici materiali, consolidato le dinamiche positive nella società e rassicurato i governanti sulla bontà delle loro intenzioni e dei risultati; tuttavia i tumulti e le rivolte dimostrano che c’è qualcosa che non va e che ha bisogno di essere affrontato con un diverso approccio.

Da anni, e in particolare negli anni a seguire questi incidenti, le minoranze etniche godono delle politiche di azione positiva messe in campo dal governo in particolar modo nel campo dell'educazione. Rispetto agli studenti di etnia Han, ad esempio, gli studenti appartenenti alle minoranze vengono attruibuiti dei punteggi in più in quanto appartenenti a gruppi minoritari per favorire il loro avanzamento nelle migliori università del paese. Sulla tolleranza religiosa, nessuna religione in Cina entra nel dibattito pubblico, ciò nonostante vi sono 28.000 moschee su tutto il territorio nazionale, e il solo Xinjiang ne conta 19.000; e inoltre la Cina conta più di cristiani di quanti ne abbiano Francia e Germania insieme, e parliamo di un paese ateo.

Essendo la guerra l'extrema ratio, mondo occidentale e mondo orientale ricorrono alle sanzioni che, per la frequenza del loro utilizzo, sono un modo di fare la guerra con altri mezzi. Ognuno con la propria propaganda. Tuttavia accusare i cinesi di atrocità nei confronti dei loro cittadini di fede mussulmana, lascia educatamente accigliati considerando tutti gli sfollati, gli uccisi e i diseredati a causa degli interventi condotti in Medio Oriente dagli Americani e dai suoi alleati. Per non parlare dei movimenti separatisti che animano buona parte dell'Europa, in particolare la Spagna.

La Cina è un paese prospero. Gli anziani hanno visto l'umiliazione della guerra e la povertà della ricostruzione, gli adulti hanno assistito alla trasformazione del paese e alla crescita materiale del paese, e i neonati cinesi vengono al mondo in un paese ricco. Tutti sembrano guardare con fiducia il futuro.

Ma non sorprende che sia la stessa élite cinese a temere il suo stesso successo. Non è certamente una garanzia che “il sogno Cinese” si avveri. Il paese deve affrontare gravi sfide tra i quali una coalizione guidata dagli Stati Uniti che si impegna a contenere la forza economica, militare e diplomatica cinese in Asia. La Cina ha anche un debito in aumento, crescita economica stagnante e calo della produttività. Poi ci sono i preoccupanti dati demografici della Cina: la popolazione sta diminuendo ed invecchiando. Infatti, la popolazione cinese è diminuita nel 2018 per la prima volta dagli anni '60. L'Accademia Cinese delle Scienze prevede che se la fertilità continuerà a diminuire passando dall'attuale tasso di 1,6 figli per donna ad un previsto di 1.3 figli, la popolazione cinese sarà ridotta di circa il 50% entro la fine di questo secolo. Nonostante la Cina abbia concluso nel 2015 la sua politica di limitare le famiglie ad un solo bambino, la popolazione continua ancora ad invecchiare con il risultato che ci saranno sempre meno lavoratori per sostenere un numero crescente di anziani. Queste previsioni hanno sollevato non poche preoccupazioni all'interno del Partito Comunista Cinese facendo sorgere il timore che il paese possa "invecchiare prima di diventare ricco". Questa situazione potrebbe creare gravi disordini sociali. E i dirigenti del Partito Comunista Cinese lo sanno benissimo.

Allora, chi ha paura del dragone?

BIBLIOGRAFIA

1) Secretary Antony J. Blinken, National Security Advisor Jake Sullivan, Director Yang And State Councilor Wang At the Top of Their Meeting, REMARKS
ANCHORAGE, ALASKA
MARCH 18, 2021
https://www.state.gov/secretary-antony-j-blinken-national-security-advisor-jake-sullivan-chinese-director-of-the-office-of-the-central-commission-for-foreign-affairs-yang-jiechi-and-chinese-state-councilor-wang-yi-at-th/

2) Yang Jiechi and Wang Yi Hold China-U.S. High-level Strategic Dialogue with Antony Blinken and Jake Sullivan
https://www.fmprc.gov.cn/mfa_eng/zxxx_662805/t1862856.shtml

3) CIVILIZATION, Niall Ferguson, PAG. 322 - 324

4) The Legal Implications of China’s Accession to the WTO, Pitman B. Potter PAG. 1-2-3-17-18

5) 4) How the West got China wrong
https://www.economist.com/leaders/2018/03/01/how-the-west-got-china-wrong

6) BBC News, Xi Jinping: 'Time for China to take centre stage'
https://www.bbc.com/news/world-asia-china-41647872

7)Anti-Asian hate crimes increased by nearly 150% in 2020, mostly in N.Y. and L.A., new report says
https://www.nbcnews.com/news/asian-america/anti-asian-hate-crimes-increased-nearly-150-2020-mostly-n-n1260264

8) Atlanta shootings: Asian women among eight killed at three spas
https://www.bbc.com/news/world-us-canada-56424616

9) BLACKSHIRTS & REDS, MICHEAL PARENTI PAG. 41

9) THE COMING COLLAPSE OF CHINA, GORDON G. CHANG

10) Zhang, Xinjiang Fengbao Qishinian [Xinjiang in Tumult for Seventy Years], 3393-4

11) WHEN CHINA RULES THE WORLD, PAG. 317 - 323